martedì 26 ottobre 2010

Ipotesi su come potrebbe essere la vita extraterrestre

Richard Dawkins, nel video del post precedente, cita, a un certo punto della discussione, le ipotesi di Simon Conway Morris, paleobiologo dell'università di Cambridge, sull'ipotesi di forme di vita aliene.
Dopo una breve ricerca, ho scoperto una conferenza della Royal Society tenutasi nel gennaio scorso (->registrazione audio), in cui professor Morris ha ipotizzato che gli extraterrestri si potrebbero essere evoluti in modo simile ai terrestri e che sarebbero quindi caratterizzati da una testa, un corpo e degli arti.
Allo stesso modo, potrebbero avere anche sviluppato le nostre stesse manie e difetti, come l'avidità, la violenza e la tendenza a sfruttare le risorse che trovano, fattori che li potrebbero rendere molto pericolosi nel caso avessimo la malasorte di incontrarli.
Morris sostiene che la vita si può sviluppare più facilmente su pianeti simili al nostro, con organismi costituiti dagli stessi elementi biochimici: concordemente, anche il processo evolutivo avrà dato vita a esseri alieni similmente a quanto accaduto sulla Terra.
E' difficile quindi immaginare che l'evoluzione su pianeti alieni sia avvenuta in modo diverso da quanto ha scoperto Darwin.
Secondo Morris "il numero di opzioni è effettivamente ristretto: non penso che un alieno possa essere come un blob. Se ci sono degli alieni là fuori, si devono essere evoluti come noi. Deovrebbero avere occhi e camminare su due gambe. Potrebbero venire in pace, come anche alla ricerca di un luogo per vivere e trovare acqua, minerali o carburante."
Il paleobiologo pensa anche che, poiché l'universo è molto più vecchio di noi, forme di vita aliene si potrebbero trovare a uno stadio evolutivo molto avanzato, per cui ne avremmo già sentito parlare a quest'ora. Per cui egli sente come sempre più probabile che non ci sia nessuno di intelligente là fuori (considerando come intelligente una forma di vita che sia arrivata a uno stadio evolutivo uguale o superiore a quello dell'uomo) .
A quest'ultima affermazione si potrebbe rispondere con un invito alla lettura del libro di Stephen Webb "Se l'Universo brulica di alieni... dove sono tutti quanti? Cinquanta soluzioni al paradosso di Fermi e al problema della vita extraterrestre" che in modo divulgativo cerca di elencare 50 possibili risposte al famoso paradosso di Fermi, che dà il titolo al libro.
Personalmente credo che sia possibile che in un universo di quasi 14 miliardi di anni, in più di un pianeta si possano essere verificati fattori che hanno portato allo sviluppo di vita più o meno intelligente.
Dato questo per assunto, il fatto che fino a ora non siamo venuti a un contatto con costoro potrebbe essere dovuto all'eccessiva lontananza di queste specie, alla loro estinzione prematura o al loro totale disinteresse verso la ricerca di vite extraterrestri.
Vi invito ad ascoltare anche i pareri degli altri scienziati che hanno contribuito con i loro studi alla conferenza: a questa pagina troverete le registrazioni audio di tutti i partecipanti.

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