giovedì 28 ottobre 2010

[Cronache d'AltroDisco] Lord Kelvin d'Altrodisco goes OtherBritain

In questa nuova avventura, Kelvin, ribattezzato Lord Kelvin per meriti sul campo, si trova alle prese con una non ben definita minaccia proveniente dal popolo degli OtherBritish, un insieme di genti che popola la grigia landa al di là della Manica, popoli talmente incivili da non risciacquare i piatti dopo averli lavati, ma che vogliono comunque affrancarsi dall'etichetta di spocchiosi colonialisti musicali, affibbiata loro dal resto dell'Altroquando.
Anche questa volta l'impresa di Kelvin sarà ardua, ma tutt'altro che noiosa: trovare il modo di riportare l'universo a girare in senso orario a 45 giri. Come farà, soprattutto di fronte alla terribile minaccia posta da questi para-punk con kilt skozzesi, anfibi rinforzati e dentiere d'Altroquando?




Nota: poiché la vicenda si svolge in un mondo parallelo al nostro, ogni riferimento a persona, cosa, modi di fare, usi e costumi è puramente casuale.
Domanda del quiz: quanti anni ha il solista del gruppo?

mercoledì 27 ottobre 2010

[Cronache d'AltroDisco] Lord Kelvin d'Altrodisco

Calvin Morriston è un sergente della guardia nazionale dell'Ohio a riposo quando viene trasportato in un altro universo, un universo in cui una casta di produttori musicali ha il monopolio sull'etere e utilizza la televisione per indurre alla pazzia tutti coloro che circondano Calvin (colà ribattezzato Kelvin). Per poter sopravvivere, Kelvin dovrà cambiare il mondo, reinventare il jazz, il rock e l'hip hop, riorganizzare l'Institute of Electrical and Electronics Engineers e sconfiggere i burocrati musicali dei regni viciniori nel suo nuovo universo.
La sua prima avventura lo vede combattere contro dei nemici che dal Kazakhstan vogliono proporre all'oligarchia di produttori musicali un nuovo brano per manipolare le menti delle genti e indurle così alla sottomissione.
Riuscirà Kelvin a trovare il brano originale? E a che cosa si è ispirato l'autore per questo quiz?



Al primo solutore del quiz, la gratitudine paratemporanea di Tortha Karf.

martedì 26 ottobre 2010

Le Cronache d'AltroDisco

Le Cronache d'AltroDisco sono una serie di brevi episodi della vita di Lord Kelvin d'AltroDisco, liberamente ispirati al romanzo di fantascienza "Lord Kalva di Altroquando", scritto nel 1965 da H. Beam Piper come parte della sua Kalvan series di romanzi, a sua volta parte di una più vasta serie del Paratempo.
Beam Piper raccontava le avventure di un soldato della Pennsylvania trasportato  accidentalmente in un universo parallelo un po' più arretrato del nostro.
Le Cronache d'AltroDisco raccontano, invece, le avventure di Calvin Morriston, un sergente della guardia nazionale dell'Ohio a riposo che viene trasportato in un altro universo, un universo in cui una casta di produttori musicali ha il monopolio sull'etere e utilizza la televisione per indurre il popolo alla sottomissione attraverso la visione di programmi di infima qualità.
Questo universo parallelo è popolato, per fortuna, da gruppi valorosi di resistenti che con i loro componimenti musicali si oppongono al dilagante livellamento delle menti.
Questi gruppi lasciano a Lord Kelvin una video-testimonianza del loro operato, che al novello cavaliere comunica sempre una sensazione di deja-vu, sebbene per la sua scarsa cultura musicale non riesca mai a collegarla con fatti o episodi del mondo reale.

Ipotesi su come potrebbe essere la vita extraterrestre

Richard Dawkins, nel video del post precedente, cita, a un certo punto della discussione, le ipotesi di Simon Conway Morris, paleobiologo dell'università di Cambridge, sull'ipotesi di forme di vita aliene.
Dopo una breve ricerca, ho scoperto una conferenza della Royal Society tenutasi nel gennaio scorso (->registrazione audio), in cui professor Morris ha ipotizzato che gli extraterrestri si potrebbero essere evoluti in modo simile ai terrestri e che sarebbero quindi caratterizzati da una testa, un corpo e degli arti.
Allo stesso modo, potrebbero avere anche sviluppato le nostre stesse manie e difetti, come l'avidità, la violenza e la tendenza a sfruttare le risorse che trovano, fattori che li potrebbero rendere molto pericolosi nel caso avessimo la malasorte di incontrarli.
Morris sostiene che la vita si può sviluppare più facilmente su pianeti simili al nostro, con organismi costituiti dagli stessi elementi biochimici: concordemente, anche il processo evolutivo avrà dato vita a esseri alieni similmente a quanto accaduto sulla Terra.
E' difficile quindi immaginare che l'evoluzione su pianeti alieni sia avvenuta in modo diverso da quanto ha scoperto Darwin.
Secondo Morris "il numero di opzioni è effettivamente ristretto: non penso che un alieno possa essere come un blob. Se ci sono degli alieni là fuori, si devono essere evoluti come noi. Deovrebbero avere occhi e camminare su due gambe. Potrebbero venire in pace, come anche alla ricerca di un luogo per vivere e trovare acqua, minerali o carburante."
Il paleobiologo pensa anche che, poiché l'universo è molto più vecchio di noi, forme di vita aliene si potrebbero trovare a uno stadio evolutivo molto avanzato, per cui ne avremmo già sentito parlare a quest'ora. Per cui egli sente come sempre più probabile che non ci sia nessuno di intelligente là fuori (considerando come intelligente una forma di vita che sia arrivata a uno stadio evolutivo uguale o superiore a quello dell'uomo) .
A quest'ultima affermazione si potrebbe rispondere con un invito alla lettura del libro di Stephen Webb "Se l'Universo brulica di alieni... dove sono tutti quanti? Cinquanta soluzioni al paradosso di Fermi e al problema della vita extraterrestre" che in modo divulgativo cerca di elencare 50 possibili risposte al famoso paradosso di Fermi, che dà il titolo al libro.
Personalmente credo che sia possibile che in un universo di quasi 14 miliardi di anni, in più di un pianeta si possano essere verificati fattori che hanno portato allo sviluppo di vita più o meno intelligente.
Dato questo per assunto, il fatto che fino a ora non siamo venuti a un contatto con costoro potrebbe essere dovuto all'eccessiva lontananza di queste specie, alla loro estinzione prematura o al loro totale disinteresse verso la ricerca di vite extraterrestri.
Vi invito ad ascoltare anche i pareri degli altri scienziati che hanno contribuito con i loro studi alla conferenza: a questa pagina troverete le registrazioni audio di tutti i partecipanti.

lunedì 25 ottobre 2010

La vita su altri pianeti secondo Dawkins e Tyson

Richard Dawkins mi ha fatto comprendere in giovane età l'evoluzionismo. Avete capito bene: non è stato Darwin, né Lamarck, né il prof di scienze. E' stato proprio questo contemporaneo discendente di Darwin con la sua memetica, con il suo Gene egoista e il suo Orologiaio matto, libri che ho amato, riletto e ringraziato per come trasmettono con eleganza e poesia il paradigma evolutivo.
E la poesia è stata uno dei pilastri di un incontro, tenutosi qualche settimana fa alla Howard University, dove Dawkins ha partecipato a una discussione dal titolo "The Poetry of Science", insieme a Neil deGrasse Tyson.
Solo qualche parola sul titolo, che trovo bellissimo: anche io ho sempre pensato che c'è della poesia nella scienza, concetto diverso dal dire la scienza è poesia, perché non sempre è vero.
Dawkins, nell'introduzione dell'incontro, afferma anche che la scienza è la poesia della realtà. Mi fermo qui, onde evitare derive retoriche che ci condurebbero in lidi lontani, ma fuori tema.

La conversazione tra i due scienziati aveva come punto di partenza il ruolo della scienza non solo come strumento per aiutarci a capire il mondo, ma come mezzo per aprire le nostre menti verso domande che probabilmente non sapremmo nemmeno di poter fare.
Tornando ai contenuti dell'incontro, tra i vari argomenti discussi si è parlato della possibilità di vita su altri pianeti e sulla fascinazione di noi terrestri nei confronti degli estraterrestri.

Entrambi gli scienziati si sono mostrati d'accordo sull'alta probabilità dell'esistenza di forme di vita intelligente nell'universo.
Il Dr. Tyson ha affermato che, in virtù del fatto che sebbene il DNA umano sia differente solo dell'1,5% dal DNA degli scimpanzè, e nonostante questo le due specie non riescano ancora a capirsi, è molto improbabile che potremmo comprendere un essere intelligente di un altro pianeta e che egli possa riconsocere gli umani come specie intelligente.
Tyson ha anche affermato che, parlando di fantascienza, la sua preferenza va verso gli extraterrestri non antropomorfi: una delle sue creature preferite è il blob del film omonimo del 1958. La sua idea parte dal fatto che, nella cultura popolare, gli alieni sono spesso rappresentati con fattezze similmente umane, con struttura del corpo e del viso che ricorda quelle degli esseri umani, rappresentazione sicuramente egocentrica e probabilmente priva di fondamento.
Dawkins ha però osservato che il mondo fisico esercita determinate pressioni sulle creature in evoluzione e questo conduce alla ripetizione della stessa caratteristica che si presenta in diversi ambienti. Sebbene un'intelligenza superiore si sia evoluta una volta sola nella terra, altre caratteristiche come gli occhi e gli aculei si sono evolute indipendentemente molte volte, suggerendo così che non è così assurdo ipotizzare che gli extraterrestri possano condividere caratteristiche similari a creature terrestri.

Godetevi il video della serata, gentilmente offerto dalla Richard Dawkins Foundation for Reason and Science:



Un appunto finale: avete notato le cravatte assolutamente didascaliche dei due scienziati?

giovedì 21 ottobre 2010

Il ritorno di Kuraimake Haijin

俳句の悪名高い作曲家
Kuraimake Haijin, lo scellerato compositore di haiku, padre putativo di Fantaiku-o-matic, sta per ritornare.
Ho ritrovato i sorgenti di questo progetto dispersi nelle sabbie del tempo, e presto li rimetterò online.
Anticamente ospitato dal portale Geocities, Kuraimake Haijin è un esempio di letteratura automatica, ovvero un programma in grado di comporre, sulla base di un set definito di schemi, decine di migliaia di haiku diversi.
I componimenti risultanti sono volutamente patafisici.
Tra i numerosissimi riconoscimenti, lo scellerato compositore di Haiku si guadagnò una citazione nel libro Poesia on line di Nicola Lagioia, Castelvecchi Editore.

Il moto disordinato delle scoperte scientifiche

Un bel giorno di aprile, la primavera sbocciava in colorati virgulti naturalmente felici di essere.
Nella casa di geometrie perfettamente disordinate, Robert Brown VIII si stiracchiò nel suo letto.
- Yawn.
- Buongiorno Robert. - una voce anziana proveniente da chissà dove.
- Buongiorno nonno.
- Dormito bene?
- Non c'è male grazie. E tu? Ah no, scusa.
L'educazione tradizionale con sui era stato cresciuto Robert Brown VIII aveva per un momento fatto dimenticare al ragazzo che la sua controparte vocale altro non era che una sintesi digitale di Robert Brown, il suo trisavolo scienziato che nel 1828 aveva scoperto il moto disordinato delle particelle  presenti in fluidi o sospensioni fluide e che da lui prese il nome. La voce sintetizzata non è neppure detto che fosse quella originale dello scienziato, ma era invece stata scelta da una selezione di voci registrate di simpatici vecchietti. Il cervello di Robert Brown, invece, era proprio il suo, ovvero un suo clone: il  DNA dello scienziato era stato utilizzato per riprodurne soltanto la zona cerebrale e portarla a un supposto giusto grado di maturazione, ovvero a un'età simulata di approssimativamente 50 anni.
Negli ultimi anni era pratica comune rispolverare qualche vecchio osso di famosi scienziati dei secoli precedenti, secondo una teoria elaborata a New Stanford dal biologo Luca Cavalli Sforza IV: se ne estraeva il DNA, si coltivavano le cellule in modo da ricrearne le sole aree cerebrali e se ne determinavano le caratteristiche comuni o simili che, probabilmente, avevano condotti gli esimi pensatori alle loro sensazionali scoperte.
Lo scopo ultimo di questo esperimento era un reverse engineering dei cervelli in modo da poter determinare quali caratteristiche genetiche li accomunassero e che, quindi, potessero prestarsi a manipolazione ed essere applicate, in seguito, ai cromosomi da innestare per il concepimento di nuovi esserini umani.
Al di là dell'estrema ambizione di questo progetto e delle effettive falle che lo caratterizzavano (non da ultimo il fatto che le scoperte non avvengono soltanto grazie a una maggior intelligenza, quanto per una costante applicazione e precisione, per la volontà di individuare, perchè si è deciso di seguire una determinata strada al posto di un'altra e, non ultimo, per caso), uno dei risultati intermedi era l'ottenimento di un cervello senziente, sebbene non collegato.
L'agenzia di ricerca, per evitare inutili sprechi, si era data al riciclo e quindi metteva all'asta cervelli di scienziati al miglior offerente.
Solitamente gli acquirenti erano musei, altri centri di ricerca o i discendenti stessi degli scienziati: nell'asta in cui Robert Brown fu aggiudicato, vennero venduti anche il cervello di Leonardo da Vinci, aggiudicato per 220 milioni di dollari allo Smithsonian, e quello di Dmitrij Ivanovič Mendeleev,da esporre all'ingresso della sede della Russkiy Standart, la vodka più diffusa in Russia. E' d'uopo qui ricordare che Mendeleev, nel 1894 al tempo in cui era direttore dell'Ufficio Pesi e Misure, carica che conquistò per meriti scientifici nonostante le sue idee apertamente liberali, formulò le norme tecniche per la produzione di vodka, ancora oggi valide per Polonia, Russia e repubbliche ex-sovietiche, fissandone la gradazione a 40°.
Vediamo quindi che i cervelli venduti potevano finire in bella mostra in qualche bacheca esposta al pubblico o essere utilizzati per i compiti più svariati, grazie all'impiego di metodologie e strumenti di biodigital-hacking, disponibili sia in rete che nei negozi specializzati.
Robert Brown IV, studente universitario di famiglia ricca, ma di non brillanti risultati e con una grande passione per l'hacking, aveva acquistato il cervello del bis-trisavolo per giocarci un po'. Dopo averlo messo in funzione, col passare del tempo si era reso conto di aver stabilito un forte legame con quella voce così remota, ma così lucida e prodiga di straordinarie suggestioni.
- Nonno, yawn, che ppalle! Sai che per l'esame di patafisica delle particelle devo studiare la legge di conservazione del numero barionico? E non c'ho neanche un po' voglia.
-  La legge di conservazione del numero barionico?
Momento di pausa, in cui Robert Brown VIII cercò di figurarsi quale fosse l'espressione del nonno mentre elaborava le sue teorie sulla dinamica dei fluidi.
- Ma lascia perdere quelle fregnacce: piuttosto, senti questa. Sai dirmi qual è la differenza tra un ingegnere, un fisico e un matematico?

lunedì 18 ottobre 2010

Omaggio a Mandelbrot

- Buongiorno dottore.
- Buongiorno paziente. Di cosa vuole parlare oggi?
- Sa, anche io, come tutti quelli che hanno praticato un minimo di matematica e/o di informatica nella loro vita, in gioventù ho subito la fascinazione delle geometrie frattali.
- Certo...continui.
- Ho appreso che Benoit Mandelbrot è morto nei giorni scorsi per un cancro al pancreas. Aveva 85 anni. Non ha mai sentito la necessità di saperne di più sui retroscena della vita di persone apparentemente normali, ma la cui mente ha disvelato conoscenze che sono poi andate ad alimentare il motore del progresso tecnico-scientifico dell'uomo?
- Ne ho già abbastanza della mia, sapesse che confusione.
- Beh, dottore, oggi non voglio parlarle di me, sebbene lei possa comunque analizzare il mio assetto odierno e trarne elementi utili per la sua analisi. Però le ho portato un regalo.
- Un regalo. A me? Ma è sicuro? Non doveva.
- Le ho portato un video (grazie a Gravità Zero) in cui Mandelbrot, nel suo simpatico inglese con accento francese e la sua piacevole quiete di scienziato ottuagenario, sviluppa un tema da lui già discusso in un TED nel 1984: l'estrema complessità della ruvidezza e il modo in cui la matematica frattale può trovare l'ordine in pattern che apparentemente sono incredibilmente complicati. Eccolo...



Se avesse voglia di approfondire, le suggerisco di partire con il podcast della sua "Lectio Magistralis" dal titolo "Il liscio, il ruvido e il meraviglioso" presentata durante il Festival della Matematica a Roma il 19 marzo 2007.
- Grazie, paziente. E' proprio vero che si può imparare sempre qualcosa, anche dai più stupidi.

domenica 17 ottobre 2010

Sensazioni di formiche

Ieri dallo psicanalista.
- Sa, dottore, ieri ero in uno di quei supermercati grandi, quelli che chiamano superstore, dove vendono di tutto, e guardavo tutta questa gente che correva qua e là come formiche alla ricerca di provviste per il proprio formicaio, e insomma, lei mi capisce, anche io ero una di loro, in quel momento.
- Non saprei. - fa lui guardandosi le unghie della mano destra. - Io non faccio mai la spesa, soprattutto di sabato.
- Capisco, lei riesce sempre a esaminare i suoi pazienti nella giusta prospettiva, non v'è alcun dubbio. Ad ogni buon conto, mi è venuto in mente il romanzo di Simak, ha presente, City?
Lo psicanalista rimira le unghie togliendosi delle fastidiose pellicine. - City? Cos'è, un nuovo modello di una macchina da cucire? Simac, diceva?
- Per l'appunto. Ma sulla targa all'ingresso del suo studio c'è scritto "Psicanalista". Ce lo ha fatto scrivere lei o quando ha affittato lo studio ha trovato la targa già fatta?
- Non la seguo.
- Beh, quello che intendevo dire è che in quel romanzo si parla di formiche che non vanno in letargo ma invece creano una società evoluta. Per fargliela breve, c'è un mutante che gli fa trovare dei carrettini con le ruote e da qui parte tutto uno sviluppo evolutivo fino a quel momento impensabile.
- Non c'è dubbio. Ma mi dica, come vanno i suoi attacchi d'ansia quando va dallo psicanalista?
- Beh, devo dire che permangono. Ho fatto delle ipotesi a proposito, e credo che sia perchè io ho delle aspettative nei confronti della terapia; aspettative che vedo puntualmente frustrate.
- Questa è una sua ipotesi.
- Indubbiamente.
- Come tale va considerata: un'ipotesi.
- Intende dire che...
- Io faccio la psicanalisi, per cui non intendo nulla. Lei cosa intende?
Noto con disappunto che mi si sta imperlando la fronte di sudore e le mani pure sarebbero da strizzare. Non voglio però che questo pensiero mi distolga dalla mia narrazione. Voglio andarci a fondo, stavolta. - Quello che volevo dire era che, al supermercato, ho notato una forte somiglianza con la società delle formiche evolute. Anche noi, che impazzavamo sfrenati qua e la a cercare provviste: immagini come sarebbe la scena ripresa dall'alto, in modo che le persone siano appena visibili. Se lei paragonasse quella scena a quello che succede intorno a un formicaio, quasi non noterebbe la differenza.
Il dottore mi guarda di sottecchi. Si è infilato un dito nell'orecchio e vi sta cercando qualcosa. Non vorrei assistere a questa scena, ma credo che il suo sguardo mi stia trapassando, che ora stia vedendo non dentro di me, ma oltre.
- Dottore...
Nulla.
A voce più alta. - Dottore...
Ritorna al presente. - E' come se avessi qualcosa nell'orecchio.
- Capisco.
- Come se mi fosse entrata una formica. Anzi, a dir la verità, secondo me, sono entrate delle formiche nel mio orecchio.
- Che strano. - dico io. - Solo in quello?
- Ora che mi ci fa pensare, anche nell'altro sento qualcosa.- si infila un dito anche nell'altra cavità. Caspita, non pensavo che le dita si potessero infilare così in profondità. Ora, il mio psicanalista, ha entrambi gli indici infilati nelle orecchie e si muove in maniera scomposta. Non è una bella scena, ma mi riconcilia col mondo della psicanalisi e calma la mia ansia meglio di un ansiolitico. Decido di fargli una foto col telefonino: non si sa mai, potrebbe sempre essermi utile.
Considero la sua temporanea assenza dal mondo dei coscienti come un intervallo di relax e rifletto sulla presenza di formiche nella sua testa. Sono stato io a materializzarle fisicamente nelle sue orecchie o a materializzarne la sensazione nel suo cervello? Sono dotato di questi poteri straordinari? Se è così, varrebbe la pena farne buon uso. Devo andarci a fondo.
Per il momento però intendo godermi la scena: il mio dottore si sta contorcendo sulla sedia pronunciando parole di cui non afferro il senso. Val la pena fargli anche un video.
Gli approfondimenti a un'altra volta.

venerdì 15 ottobre 2010

Pioneer 10 final achievement

Ecco un lavoretto che ho preparato tempo fa per una maglietta.
Non sono in molti ad averla indossata: se qualcuno si sentisse abbastanza bizzarro da volerlo fare, mi richieda pure l'immagine ad alta definizione.


Il tifo sportivo nel futuro

Ieri dallo psicanalista.
- Salve dottore.
- Salve paziente browniano.
- Ho fatto delle riflessioni che mi stanno conducendo alla formulazione di una nuova teoria del tifo.
- Parla del tifo in quanto malattia? Quello standard, quello esantematico o quello endemico? Bisogna essere precisi. Inoltre, di cosa si occuperà questa teoria? Eziologia o patogenesi? Bisogna essere precisi, e lei, in quanto paziente browniano, oggettivamente non gode di tale caratteristica.
- Senta, mio caro psicanalista, se volevo farmi fare il terzo grado andavo a tirare una scarpa al primo presidente del consiglio che mi capitava a tiro. Quello a cui intendevo riferirmi, era una teoria di come potrà essere il tifo sportivo nel futuro.
- Ah già. - lo psico sospira, alzando gli occhi al cielo per fissare un punto qualsiasi sopra alla mia testa. - Dimenticavo la sua inclinazione all'immaginazione. Ebbene, mi dica, carissimo, di cosa mi vuol parlare?
- Ecco, così va molto meglio. Ebbene, ho preso spunto dai fatti capitati a Genova l'altro giorno, sa, quando i tifosi serbi hanno cominciato a distruggere lo stadio e a far guerriglia contro la polizia.
- Ricordo, ricordo. Che fatto increscioso.
- Condivido la sua impressione. Ebbene, stavo pensando che, in futuro, questi match saranno organizzati in modo diverso. Pensiamo a quello che è successo a Genova e traiamone spunto: l'altro giorno i protagonisti dell'evento non sono stati i calciatori, ma i tifosi. E quante volte accade questo anche in Italia? Ma l'altro giorno è stato diverso. C'è stata una vera inversione delle parti: chi di solito va alla partita con l'ansia di vedere vincere la propria squadra e la paura che possa perdere diventa il protagonista. Chi provava ansia e paura, l'altra sera, erano proprio coloro che di solito figurano tra i protagonisti, ovvero i giocatori.
- Sì, la seguo.
- E allora, nel futuro si invertiranno le parti: le persone che costituiscono la tifoseria, persone normali che vanno a lavorare dal lunedì al venerdì, più o meno, che hanno una famiglia, dei figli, o una ragazza, o che so altro, si ritrovano alla domenica e vanno allo stadio a darsele di santa ragione. Si costituiscono due squadre che si menano a più non posso.
- Ah. E i giocatori? Voglio dire, quelli che attualmente fanno i calciatori, cosa ne facciamo?
- Quelli saranno gli spettatori, pochi selezionati spettatori che per entrare allo stadio dovranno pagare fior di quattrini, ma con la possibilità di scommettere su l'una o l'altra squadra. I giocatori, voglio dire le persone normali, invece no, non pagheranno nulla, e verranno retribuiti molto poco perché si farà perno sulla valorizzazione di valori quali il nazionalismo, il campanilismo e l'odio per il diverso. In questo modo non saranno necessarie le retribuzioni, perché la sola gratificazione di averle suonate di santa ragione alla parte avversaria compenserà la mancanza di salario. In più, le partite verranno trasmesse in televisione e l'esito finale sarà stabilito dal pubblico a casa mediante il televoto.
- Interessante. - Lo psicanalista si porta una mano al mento, simulando una riflessione. Gliel'ho visto fare altre volte, e alla fine se ne esce sempre con una castroneria. - Non che sia tutta questa originalità, eh.
- Scusi, ma lei, in quanto psicanalista, non dovrebbe astenersi dal dare giudizi?
- Mi scusi, mi ero fatto prendere dall'inversione delle parti.

giovedì 14 ottobre 2010

Come si manteneva Manfred Macx?

Non è mai stato chiarito come effettivamente traesse un guadagno dal suo lavoro il protagonista di Accelerando di Charless Stross.
Manfred Macx, broker memetico e professionista d'altruismo, girava il mondo proponendo idee open source a chi ne avesse bisogno: occupazione tra le più nobili e probabilmente efficace, ma la cui efficienza economica è sospetta.
Un'idea per sussistere deve essere sviluppabile e creare un progetto sostenibile: un'idea è pur sempre un'idea, chi di noi non ha idee? Io ho cento, mille idee al giorno e di queste solo una piccolissima parte è effettivamente realizzabile.
Manfred aveva la capacità di selezionare, tra le centinaia di idee quotidiane, solo quelle con alta probabilità di arrivare a un progetto, ma come si potesse realizzare e a quale processo di selezione venissero sottoposte non è dato sapere.
Voi mi direte: ma chi se ne frega, è un romanzo così straordinario che si può soprassedere a questa lacuna.
Oppure ipotizzerete: in effetti non è del tutto scontato quello che dici. Propongo di ritirargli il premio Locus.
Nell'intervallo di opinioni delimitato dalle due frasi sopra, sentitevi liberi di aggiungere la vostra gradazione di giudizio.

mercoledì 13 ottobre 2010

Scrivere è una lotta

Scrivere è una lotta, o così almeno dovrebbe essere.
Ho deciso di iniziare questo blog con un argomento estremamente ambizioso in modo da tagliarmi subito le gambe, farmi stroncare (ma da chi?!?) e non arrivare così neanche al secondo articolo.
Il manifesto programmatico continua così: la parola, la descrizione, il dialogo, l'immaginazione hanno tutti una ben determinata funzione, non esistono così per caso. O, meglio, non dovrebbero esistere per caso.
Emmanuel Levinas, alla fine della Seconda Guerra Mondiale, si chiedeva se dopo Auschwitz fosse ancora possibile pensare, mentre Theodore Adorno arrivò ad affermare che "dopo Auschwitz non è più possibile la poesia".
Non c'è stato solo Auschwitz: l'orrore è sempre esistito, in forme varie, toccando vette di assurda violenza, come nei lager, come nel Darfur, come in Bosnia, come nei mercati di Baghdad, quando decine di persone muoiono all'improvviso per lo scoppio di un ideale inesistente.
Non li sto mettendo a confronto, li sto solo citando.
Mi sono chiesto tante volte: ma ha senso scrivere di fronte a questo?
E' vero che l'orrore, quando travalica il limite della possibilità dell'immaginabile, fa terra bruciata intorno a sé, lascia solo uno sgomento silenzio; la nostra capacità di pensare e di parlare viene sospesa.
Ma l'uomo, forse grazie alla sua natura animale, incarna da sempre una necessità di reazione e da questo possono scaturire rabbia, sconcerto, sete di vendetta o desiderio di testimoniare, per fare in modo che ciò che è stato visto non possa più accadere.

Scrivere per educare? Scrivere per intrattenere?
Sebbene la finalità possa essere una sola, dobbiamo arrivarci a passi successivi: l'intrattenimento crea interesse, il testo interessante potrebbe educare e arrivare a toccare la coscienza.
Parlo al condizionale, naturalmente. Potrei anche essere più definitivo e scrivere un manifesto in cui dire: "L'intrattenimento deve creare interesse. Il testo interessante educa e plasma la coscienza del singolo e del popolo.", ma il pensiero di leggere questa frase dipinta su una casa in modo che possa essere notata, come si usava fare in un triste periodo della nostra storia italiana, evoca in me realtà che vorrei non tornassero più.
E la fantascienza cosa può fare?

Anche l'immaginario può dare il suo contributo, raccogliendo spunti dall'attuale e dal passato e plasmandoli per mostrare che cosa ci si potrebbe aspettare dal futuro, incarnando quindi una funzione che non è soltanto di divertimento consolatorio, ma che invece deve fungere da stimolo per capire che quello che stiamo facendo, dalla cosa più piccola a quella che riteniamo più importante, ha una conseguenza, e come tale va considerata e meditata.
Raccontare: storie minori immaginarie, figlie di una Storia maggiore reale trascorsa irrompendo violentemente nelle vite, calpestando zerbini di benvenuto, interrompendo legami straordinari, ma anche diffondendo la conoscenza, dando da mangiare allo sviluppo, aggiungendo anni all'esistenza.
C'è sempre un bicchiere mezzo pieno e mezzo vuoto; si tratta solo di descriverlo.